La liuteria come ricerca: l’eredità di Giobatta Morassi tra arte, scienza e tradizione
13 nov 2025
La terza parte, che riprende testualmente la Lectio Magistralis del Dr. Maestro Giobatta Morassi, riguarda principalmente l’eredità della grande tradizione liutaria a Cremona per poi concludersi con una riflessione critica: la liuteria deve essere oggetto di studio, di indagine e di puntuale sperimentazione. La liuteria in Morassi incontra la ricerca. Il tema del metodo costruttivo non viene relegato, come già si è avuto occasione di rilevare, alla mera imitazione. L’arte liutaria non può ridursi ad un saper-fare ripetitivo, ma si affida all’intenzionalità estetica che necessariamente va alla ricerca di tecniche consone alle esigenze progettuali di ciascun liutaio.
Così, il dr. Morassi riprende l’argomento:
La forma espressione d’arte
Ho fatto riferimento al metodo. È opportuna una precisazione. La ricerca meramente estetica non è per me la sola guida nella realizzazione della forma, ma ben tre aspetti, fra loro interagenti, debbono costituire il “piano di lavoro” per la costruzione degli strumenti:
1) la prima condizione è lo studio degli strumenti realizzati dai grandi liutai non solo della tradizione classica, ma anche della liuteria contemporanea. Ciò non significa mera ripetizione, ma spunto per elaborare un proprio stile: gli strumenti si riconoscono e ciascuno di essi possiede un’identità che lo contraddistingue. Da qui l’aspetto estetico: armonia delle parti che compongono l’unità. Se la bellezza non è oggettiva, è possibile però coglierne l’unicità della sua armonia, condizione essenziale del “saper fare liutario”;
2) la seconda condizione è la scelta dei materiali (legni, vernici) e le modalità tecnico-esecutive che consentono allo strumento non solo di “durare nel tempo”, ma di ottenere un timbro “unico”;
3) la terza condizione è costituita dal rapporto con il musicista che “vive” lo strumento come prosecuzione del proprio braccio. La sua scelta è il risultato della “empatia” determinata fra la personalità artistica del musicista e quella del liutaio.
Per questo ho ritenuto doveroso anche studiare modelli dissueti, come ad esempio i liuti, allo scopo di recuperare sonorità antiche (musica barocca). La ricerca si è rivolta a modalità costruttive del passato per comprendere come fosse possibile la realizzazione di tali strumenti. Fare ricerca su quanto è obsoleto non è solo pura curiosità, ma costituisce quella “memoria attiva” che suggerisce percorsi alternativi nel presente.
La scansione dei temi affrontati da Morassi sottolinea come l’arte liutaria debba essere adeguata alla contemporaneità. Non si tratta di una scelta, ma di una condizione che è contestuale alle “intuizioni”. Queste emergono dalla Kunstwillen. L’intenzionalità d’arte contemporanea, (tema già affrontato nella seconda parte e qui ripreso), consente alla personalità di ciascun liutaio di esprimere il proprio talento. Ciò che supporta la liuteria è un saper-fare complesso al servizio dell’immaginario estetico del liutaio. Questi raggiunge l’arte quando ottiene un “timbro” unico cui la “forma” dello strumento dà voce. Si tratta di un connubio. Questo argomento sta particolarmente a cuore al Maestro dr. Morassi che ne riconosce la centralità per definire l’arte liuteria. Non a caso il Maestro lo riprenderà in più contesti.
Una considerazione è oggetto di particolare attenzione. Nel tempo il suono dello strumento si modifica per diverse cause, ma, quando la “forma” subisce un degrado, è necessario un restauro riparatore. Morassi è ben consapevole che vada evitato il falso slogan giornalistico: “restituito all’antico splendore”.
Restauro e Conservazione: La Carta di Cremona del 1987
È in questo contesto che risulta fondamentale impostare uno studio di scienze comparate per avere un approccio consapevole nei confronti della liuteria. La ricerca deve partire da uno studio congruo all’oggetto al fine d’impostare un criterio coerente agli scopi. Primario fra questi è l’avvicinamento alla complessità dello strumento realizzato dal liutatio (le parti di un violino, ad esempio, sono 75). I risultati interesseranno sia chi si avvicina al fare liutario sia chi intervenga su manufatti del passato.
Qui è d’obbligo confrontarsi con la Carta del Restauro di Cremona che, mentre imposta una deontologia del restauro, chiede espressamente di essere aggiornata onde fare tesoro di tutte le competenze offerte dalla odierna ricerca.
La complessità dello strumento rimanda ad uno studio comparato. Morassi si rivolge alle scienze in quanto sono necessario supporto alla conoscenza dello strumento musicale. Ciò accade anche nel caso in cui si debba procedere ad un restauro conservativo.
Se da una parte, per quanto già sostenuto in questa mirabile lectio, la liuteria è da ritenersi espressione d’arte (quando raggiunge l’espressività estetica), dall’altra è strettamente connessa non solo alle tecniche costruttive e ai materiali utilizzati, ma anche ai processi d’invecchiamento.
Nel 2015, anno della prolusione (8 giugno) non si erano ancora sviluppate le I.A. (intelligenze artificiali). Tocca a me farne cenno, ai maestri liutai toccheranno le opportune riflessioni. Le I.A. non vanno confuse con le risposte che ci forniscono i nostri smartphone: le I.A. sono un potenziale che va indagato per non esserne succubi, ma per poterle asservire anche all’arte liutaria. L’individualità, come ben ha dimostrato la storia, si lascia contaminare dai tempi. È importante servirsene e non esserne dominati. La memoria del saper-fare è memoria-attiva e non si sottrae alla conoscenza. Assumere un comportamento fabianista, non è solo controproducente, ma è letale.
Di questo il Dr. Morassi ne è stato sempre convinto ed è per questo che mi corre l’obbligo d’introdurre il tema. Come ho detto non tocca certo a me ipotizzare risposte.
Constato però come la curiosità del Maestro, fonte di intelligenza sottile, gli ha permesso di raggiungere quanto di meglio la liuteria contemporanea ha saputo produrre, si deve osservare come egli abbia rilanciato la liuteria cremonese. La Scuola di Liuteria, dove il Maestro ha insegnato per anni, e la sua Bottega sono stati i luoghi della cultura liutaria. Se è grandissima la sua arte, non lo è di meno il suo insegnamento.
Questo connubio gli ha permesso di non sottrarsi al tema del restauro conservativo, intervenendo q.b. (quanto basta) per salvaguardare l’identità degli strumenti ammalorati che hanno bisogno di “cure”. Ma il q.b. è continuo oggetto di sperimentazione e di ricerca.
Al contempo, lascia ai suoi eredi la “curiosità” come metodo per un approccio consapevole, curiosità che non si sottrae ad affrontare qualsiasi proposta.
Il suono dello strumento
“Ma si torni alle contaminazioni cui già si è fatto cenno. Decisamente l’aspetto più problematico è quello relativo al mutare del suono e all’impossibilità, se non in tempi recenti, di documentarlo.
Premesso che ogni strumento possiede un proprio timbro unico, si deve osservare come questo, alla pari della voce umana, nel tempo si modifichi. Se lo strumento porta in sé i segni delle sue trasformazioni e dei restauri in quanto il legno ne porta traccia, il suono si sottrae alla memoria e non si lascia documentare se non, oggi, attraverso le registrazioni.
È il musicista che determina nel tempo la voce dello strumento come già si è avuto occasione di dire. L’uso proprio di ciascun esecutore ne determina la qualità ultima.”
Quando il Maestro Morassi mi ha fatto cenno a questo argomento, confesso, sono rimasta favorevolmente stupita. La sua attenzione andava alla “vita” dello strumento, al tema della “memoria del timbro”. Così, egli non si sottraeva a sottolineare l’apporto del musicista. Lo strumento da lui realizzato nel tempo si confà anche all’imprinting di chi lo suona. Come si riconosce il liutaio, altrettanto si riconosce il musicista. La condivisione è aspetto intrigante: il primo realizza lo strumento esprimendo la sua ars faciendi, il secondo lo educa alla propria sensibilità musicale.
Il tempo esistenziale dello strumento non si confà al solo tempo quantitativo: Chronos (Χρόνος), tempo che caratterizza ogni forma di realtà soggetta al divenire, alla precarietà. Il tempo dello strumento e della musica è tempo qualificante: è Kairos (καιρός). Lo strumento, realizzato con un materiale vivo, il legno, è funzionale alla musica. Se le arti visive subiscono prevalentemente l’usura del tempo (chronos), gli strumenti musicali hanno un più profondo rapporto col tempo (kairos): in esso la musica conferisce a se stessa identità. L’arte del suono strutturalmente si sviluppa nel tempo: non lo subisce, ma lo domina. La composizione musicale assoggetta a sé il tempo.
Meccanica dello strumento
“Diviene quindi fondamentale studiare, quando ciò si renda possibile, lo strumento nella sua fisicità: nell’essere stato costruito con un legno che nel tempo è esso stesso invecchiato e ha subito trasformazioni. Solo ipotesi, che partano da conoscenze che si appellano alla meccanica dello strumento, permettono una sua conoscenza il più possibile aderente al “tempo esistenza”. Parlare di fisica acustica è collocare lo strumento in un tempo, qui e ora (hic et nuc), che si vorrebbe fuori dal “divenire” che attanaglia ogni ente. Per questo il manufatto del liutaio va esaminato come una “macchina” che produce suoni. Ma ciò comporta porre in essere un’attenzione volta alla sua trasformazione, che ne documenta la complessità.
Il riferimento a Einstein è quanto mai pertinente: troppe sono le varianti di cui tener conto. Una scienza o un complesso di scienze che voglia affrontare lo studio del violino incappa in questo ostacolo.”
Morassi non temeva la ricerca scientifica. Già si è detto che lo studio rappresenta il riferimento cui egli si appella per affrontare scientemente qualsiasi problema. Ogni approfondimento, che riguardava lo strumento, costituiva per lui una conoscenza atta a meglio identificarlo. Partendo da questa premessa, riteneva essenziale conoscerne il comportamento meccanico. Lo strumento musicale correttamente è da ritenersi una macchina. Non si dimentichi che in greco il termine macchina, "μηχανή" (mēchanḗ), significa invenzione efficace allo scopo. Il termine non a caso deriva dal verbo che allude ad un saper-fare volto ad uno scopo. Lo strumento nello scopo (suonare) individua la propria finalità e il saper-fare consapevole è condizione perché questa si attui.
Più che correttamente il Maestro Morassi si affidava alle competenze della meccanica individuando tre momenti. Il primo cui si è ora alluso (lo strumento musicale è una macchina), il secondo l’invenzione (scoperta) delle tecnologie e delle tecniche da approntare, il terzo sottoporre ciascuno strumento a tali esami per stabilire le caratteristiche oggettivamente qualificanti.
A tale scopo i rilievi geometrici divengono essenziali. La loro comparazione, fra i dati originari e le modifiche avvenute nel tempo, divengono il primo esame cui seguiranno altri come, ad esempio, l’invecchiamento dei legni e delle vernici. Non si dimentichi neppure che la progettazione grafica dello strumento, come è ben noto, costituisce il primo approccio per il liutaio prima di mettere mano alla sgorbia.
Morassi, quando scriveva poteva appellarsi all’osservazione di Einstein, oggi, la ricerca ha avuto ulteriori sviluppi che consentono lo studio delle strutture “ipercomplesse”. Questo tema nel tempo dovrà divenire sempre più oggetto di attenzione da parte dei maestri liutai. Questi, se vogliono essere coevi agli sviluppi della meccanica acustica, dovranno avere la disponibilità di confrontarsi con la scienza che potenzialmente può approntare una ricerca possente onde superare una conoscenza meramente empirica.
A me, personalmente, piace ricordare una figura del XVII secolo: Athanasius Kircher, che nel Musurgia Universalis alludeva alla realizzazione di una macchina musicale.
Quanto vorrei che qualche maestro liutaio si cimentasse nel realizzare l’Arca Musaritimica. Il passato, se sottoposto ad indagini una volta neppure immaginabili, può diventare attuale e aprirsi a nuovi orizzonti.
Giobatta certamente non si sarebbe sottratto a questa sfida.
Tradizione fra cultura materiale e cultura immateriale
Parlare di tradizione, facendo riferimento a questa o a quella scuola, sarebbe scorretto. In vero la Liuteria è un bene culturale che attesta come le arti interagiscano fra loro. Le arti vivono in contesti di intenzionalità d’arte (kunstwollen) che mutano nel tempo, ma mantengono nel tempo una propria identità oltre le trasformazioni.
La liuteria ha un percorso che s’intreccia con altre arti, prima fra tutte la musica; con saperi, primo fra questi la conoscenza del legno, poi si confronta con se stessa e s’impone come bene che testimonia l’inventiva dell’uomo nel realizzare lo strumento. Forse è più corretto parlare del “patrimonio” liutario come bene da ereditarsi in quanto memoria attiva. Fra cultura materiale e cultura immateriale la liuteria s’impone come “saper fare” che dal legno ricava il suono.
Il tema della tradizione coinvolge passato e presente. Il Maestro affrontandolo sa coniugare tutti gli aspetti che competono all’arte liutaria.
Solo un’osservazione è d’obbligo. La sua sintesi magistrale è profetica. Oggi si assiste in ogni settore ad una cultura omologata. Conoscenze superficiali portano ad un’autocelebrazione che ha come obiettivo solo un immediato profitto.
Ebbene, la liuteria si può sottrarre a chine rovinose facendo appello alla tradizione attiva come “patrimonio” che le compete. In questo consiste la “cultura immateriale” che la qualifica.
Oltre ad un ringraziamento al Maestro, altro non si può aggiungere se non un saluto: Mandi.
Galleria fotografica
Anna Lucia Maramotti Politi
© Riproduzione riservata
08/12/2025